il germoglio

il germoglio
"... una parte di quel seme cadde fra le rocce...

venerdì 5 ottobre 2018

TRA DI VOI CI SONO ALCUNI CHE NON CREDONO...

Questo titolo non è mio, è stato Gesù a dirlo.
Ma non c'è niente di più attuale.
Attenzione, non sto dicendo che alcuni non credono in Dio, in Gesù Cristo, insomma, non mi riferisco ai "non credenti".
Mi riferisco invece ai credenti, o a quali che dicono di esserlo, il che è davvero molto più grave.

Perché dico questo? Secondo voi mi sto sbagliando?
Controlliamo!
Gesù benedice il pane

Questo verso si trova dentro l'Evangelo di Giovanni, al capitolo 6.
Gesù ha moltiplicato i pani e i pesci del ragazzo che era presente al raduno, c'erano cinquemila persone affamate, ma bisogna considerare però che i Giudei contavano solo gli uomini, quindi, considerando anche le donne ed eventuali bambini, saranno stati forse ottomila o diecimila.

La gente è stupefatta, ha mangiato abbondantemente, è sazia.
Gesù e i discepoli se ne vanno a Tiberiade, dall'altra parte del Giordano, alcuni della folla salgono sulle barche e li seguono, come mai?
Credo che anche noi lo faremmo, se scoprissimo uno che può moltiplicare le cose, sembrerebbe la gallina dalle uova d'oro, e chi se lo perde???

E Gesù glielo dice anche: "Come mai ci seguite? E' per quello che dico o perché avete mangiato gratis?" Ovviamente non sono queste le parole letterali, ma il senso è questo.
Ci sono alcuni scambi di battute, soprattutto con i Giudei presenti, poi Gesù capisce che non lo stanno seguendo più, con la loro mente non riescono ad arrivare a comprendere le Sue parole.
Gesù moltiplica il pane e il pesce

Si è presentato come il vero pane che è sceso dal cielo, e loro non sanno cosa voglia dire.
Nel frattempo la discussione si deve essere spostata, perché sono in sinagoga, e Gesù sta insegnando.

Ora anche i suoi discepoli cominciano a giudicare le Sue parole molto dure.
Non lo capiscono più.
Nei versi 63 e 64 c'è scritto letteralmente così: "Le parole che vi ho detto sono spirito e vita; ma tra voi ci sono alcuni che non credono."

Gesù è con i suoi discepoli!!!
Alcuni di quelli che lo seguono, non credono alle Sue parole!

Come deve essere triste avere la mente come quella di Gesù, in grado di capire subito chi ti crede e chi no, e sapere anche chi sta per tradirti...

Anche adesso, qui, tra di noi, ci sono alcuni che non credono alle parole di Gesù, e altri che lo tradiranno...

E tu, gli credi?



lunedì 18 giugno 2018

DOVE ANDIAMO?

Durante il nostro cammino sulla terra, molte sono le distrazioni, molte le opportunità, molti sono i problemi e molte le difficoltà.
Ogni persona che vive lo sa.
Quindi tutti.

E' anche vero che ci sono alcuni che camminano senza guardare né a destra né a sinistra, perché hanno uno scopo, un obiettivo, puntano dritto senza distrarsi.

E' anche vero che ci sono alcuni invece che camminano senza sapere dove vanno, chinandosi ogni tanto a raccogliere i fiori, guardando le nuvole, assaporando i piaceri, quando ci sono, ed evitando i problemi, quando ci riescono.

Siamo tanti e siamo diversi, ed ognuno di noi ha una sua caratteristica particolare, che lo distingue da tutti gli altri, solo Dio, che conosce in profondità ognuno di noi, sa distinguerci perfettamente anche solo dal modo in cui respiriamo... ed ascolta proprio ogni singolo respiro.
- Detto per inciso, questa cosa mi commuove profondamente ogni volta che ci penso -

Ma tutti, proprio tutti, stiamo andando verso qualcosa, tutti abbiamo una meta, inutile dire in questa sede qual'è la meta comune, perché questo non vuol essere un post triste, tutt'altro.

Quelli di noi che sono cristiani, che dichiarano la propria fede in Cristo quindi, sanno che stanno andando a raggiungerlo, sia che lo facciano tramite la fine di questa vita, sia che lo facciano raggiungendolo nell'aria, come dice Paolo, il giorno che Lui verrà a prenderci.
Tutto considerato, verrebbe da dire che abbiamo un ottimo obiettivo, una bellissima direzione.
Ma allora perché siamo così tristi, così abbattuti, perché ci lasciamo prendere dalle preoccupazioni?

La soluzione è sempre la stessa: guardare dritti verso Gesù.
E' da lì che arriva la soluzione a tutti i problemi che attraversiamo.
E' Lui che ci insegna a demolire tutte le barriere che ci ostacolano.
E' Lui che ci abbraccia e ci consola nei momenti di dolore.
E' Lui che ci accoglie con gioia al termine della corsa.

Comunque vada, dunque, andrà bene.
Buona giornata!

martedì 5 giugno 2018

Un'altra puntata sulla felicità?

Ho riletto la prima puntata dedicata alla felicità, e mi sembra di aver bisogno di una vita intera per scrivere tutto quello che mi è venuto in mente.
Però è necessario fare qualche altra distinzione, qualche puntualizzazione.
Come si chiama questo blog?

Con Gesù, l'amico più grande.

Ebbene, secondo te, Gesù era felice oppure no, quando si è trovato a vivere nelle nostre stesse condizioni, sulla terra, duemila anni fa?
Ora qui ti lascio riflettere qualche istante, perché da questa risposta credo dipenda anche la risposta alla nostra ricerca della felicità.
Pensaci.

...

Hai trovato una risposta?
Io ho trovato queste.

Gesù era felice.
Luca 10:21
In quella stessa ora, Gesù, mosso dallo Spirito Santo, esultò e disse: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli! Sì, Padre, perché così ti è piaciuto!
Giovanni 15:11
Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia completa.

Gesù era triste.
Matteo 23:37
Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!

Gesù era preoccupato.
Marco 6:34
Com’egli fu sbarcato, vide una gran folla e ne ebbe compassione, perché erano come pecore che non hanno pastore.

Gesù era stanco.
Giovanni 4:6
Gesù dunque, stanco del cammino, stava così a sedere presso la fonte.

Gesù era sorpreso.
Luca 7:9
Udito questo, Gesù restò meravigliato di lui.

Gesù era disperato.
Matteo 26:38
Allora disse loro: "L'anima mia è oppressa da una tristezza mortale..."



Gesù è stato tutte queste cose, esattamente come capita ad ognuno di noi nel corso della vita.
Ha pianto, ha sorriso, ha urlato, ha bisbigliato, ha camminato, si è riposato, ha mangiato, ha bevuto, ha fatto tutte le cose che ognuno di noi fa.
Tanto è vero che l'autore dell'epistola agli Ebrei, che io continuo a pensare che sia Paolo, ha scritto che ha sofferto e gioito le nostre stesse cose, e subìto le nostre stesse tentazioni e prove, considerando che le prove e le tentazioni coincidono, ti ricordi quando ne abbiamo parlato? Guarda qui.

Ma allora, se è vero, come è vero, che la felicità in realtà dipende dalla somma di un'intera gamma di emozioni, allora sì, è stato felice, e allora anche noi sì, siamo felici!
Ma tu adesso starai pensando: "Ma allora scusa, Elisabetta, tu ci vorresti raccontare che siamo felici anche quando siamo tristi?"

Beh, no, non potrei dire questo, non sarebbe vero.

Il fatto è, che tirando le somme delle cose che abbiamo scoperto, tra i termini dai quali è derivata la nostra idea di felicità, c'è questo "macarìa" che fa pensare all'ampiezza, alla completezza, al novero totale delle nostre emozioni, ed è proprio questo il termine che ci fa riflettere più di tutti gli altri.

La vera felicità, in breve, viene fuori dalla consapevolezza di essere vivi e "completi", interi, di nulla mancanti, a livello di esperienza.

Tutto quello che accade, che ci sembri brutto o che ci sembri bello, contribuisce alla costruzione del nostro intero essere, meraviglioso ed unico, proprio come meraviglioso ed unico è il nostro caro Gesù, primo di tanti figli, nostro fratello più grande, e amato Salvatore Eterno.

Quello che Lui ha provato, vissuto, sentito, è l'origine e l'aurora del giorno nuovo che noi possiamo vivere ora, un giorno in cui la luce va aumentando sempre di più, fino a che sia giorno pieno. Un giorno del quale non vedremo mai il tramonto, il giorno in cui è finito il tempo della fatica sotto il sole, perché tutta la fatica l'ha già fatta Lui; certamente abbiamo delle situazioni dure e crude da attraversare, certamente avremo giorni amari che faremo fatica a mandare giù, ma il bello di tutto, è che ora la battaglia è stata vinta, ora sappiamo che non può esserci un finale triste, possiamo guardare al traguardo e sapere che è proprio là che stiamo andando, senza incertezza, senza alcun dubbio, perché è Lui che ci sta portando, e non lascerà mai la nostra mano, e non permetterà mai che vada perduto nessuno di noi.

Questo è quello che ci rende davvero felici, alla fine di tutto il discorso, e ci sarebbe da dire ancora molto altro, ma io parlo troppo, o scrivo troppo, e magari tu sei stanco di leggere, facciamo così, ne riparliamo ancora, ma tu scrivimi nei commenti, se sei d'accordo oppure no.


martedì 10 aprile 2018

DA DOVE VIENE LA FELICITA'

La cerchiamo, la desideriamo, la perdiamo, la rincorriamo, ma... la conosciamo?

Donna che spalanca le braccia verso il cielo
Felice

Una domanda difficile, alla quale oggi desidero che tu risponda.
Conosci la felicità?
Sai da dove viene?
Sai come puoi trovarla?

Ognuno di noi ha un suo percorso, e di conseguenza, ha delle convinzioni costruite sulla base delle proprie esperienze. Io non posso insegnare molto a te, quanto tu non puoi fare per me.
Quello che tu ritieni felicità, potrebbe non esserlo, per me, e viceversa.
Come possiamo esserci d'aiuto l'un l'altro, nella perenne ricerca della felicità?
Donna nell'atto di pregare
Donna ispirata

C'è forse una base che possa farci partire dallo stesso punto?


Proviamo a cercare un terreno comune per cominciare questa indagine, e come spesso mi accade di fare, parto dal significato della parola stessa: felicità.

Per fare questo, occorre come al solito risalire alle due lingue dalle quali derivano un po' tutti i nostri discorsi, il greco ed il latino.
La nostra bellissima lingua italiana deriva direttamente dal latino, eppure, gran parte dei significati più profondi delle parole, possiamo invece trovarli nel greco antico, che aveva un'ampiezza, una profondità, una completezza, che il latino purtroppo non possiede.

Dunque, per tornare a noi, la parola felicità viene dal latino felicitas, che può essere tradotto in vari modi, a seconda del contesto: fortuna, successo, prosperità, beatitudine, fertilità, fecondità, come si vede, parecchi significati, ma che hanno in comune qualcosa di materiale, di molto concreto, la fertilità e la fecondità per la terra, per il raccolto, oppure per l'attesa di una famiglia numerosa; la fortuna, il successo, la prosperità, che sono legate molto strettamente ai beni materiali, siano essi possedimenti mobili o immobili, come si direbbe oggi.
Resta un solo termine che lascia un po' di spazio all'immaterialità, ossia allo spirito, beatitudine, ma lo vediamo meglio fra un attimo.

Passiamo al greco, nel quale troviamo due termini, entrambi tradotti con felicità: eudaimonìa, che viene da eu e daimon, spirito buono, e macarìa, che viene da megas, e vuol dire ampio.

Come vedi, qui le cose si complicano, perché, mentre con il pensiero latino, eravamo piuttosto portati a considerare felice colui il quale possedesse abbastanza cose e beni da renderlo appagato, ora con il pensiero greco, siamo di fronte a qualcosa di diverso: infatti la felicità macarìa, indica quello stato di benessere, che deriva dall'aver raggiunto un ampio spettro di emozioni, quindi una completezza, come se l'essere umano fosse in grado di sommare una all'altra, tutte le sue esperienze favorevoli, fino ad averne una composizione totale, per così dire, una raccolta completa.

Direi piuttosto improbabile, tu che ne pensi?
Ogni uomo o donna, sulla terra, non riesce a possedere la gioia derivante da un avvenimento, e conservarla in modo tale da goderne più tardi... piuttosto la dimentica, e con una tale velocità da sembrare che non sia mai accaduta!
Ricordiamo le cose brutte, quello sì, ma le cose belle, le piccole gioie, o le grandi gioie, mica riusciamo a conservarle!

Ne conserviamo però il ricordo, attenzione: la sensazione di pienezza a cui alludono i Greci, è riferita in particolar modo a quei momenti in cui si è in pace con sé stessi, oppure si guarda la persona amata e si mastica quel sapore di perfetta serenità, come se si fosse realizzata l'armonia con l'intero creato! Li hai presenti? Ebbene, quel tipo di momenti, pare essere in grado di restituire la stessa felicità, anche quando si ricordano!
Donna che abbraccia intensamente il suo bambino
Felicità

Se questo è vero, allora si comprende bene il termine macarìa, anche se sperimentata in piccoli attimi, tuttavia "appaga interamente, perché possiede il potere di sospendere il tempo, di dilatare quell'attimo in una durata avvertita come se fosse eterna".
(tratto da "Il giardino dei pensieri" di Elio Rindone)

L'altro termine, eudaimonìa, è più inteso come stile etico della vita intera. Tradotto letteralmente è lo spirito buono, o spirito del bene, ma più praticamente, veniva inteso come lo sforzo intento al bene, che si protrae per tutto il cammino della vita, anche in mezzo alle circostanze più avverse.

Ma allora, dove troviamo insomma questa felicità?

Al termine di questo breve viaggio, che fosse per me avrei fatto durare anche molto più a lungo, ma non posso annoiarti, concludo, dandoti l'indirizzo preciso della felicità: TE.
No, non è la sigla di una provincia, è proprio TE inteso come te stesso, tu, dentro di te, questo è l'indirizzo della felicità.
Non pensare mai, nel modo più assoluto, di trovarla altrove, perché se non stai bene tu con te, non puoi essere felice. 
Credo avremo bisogno di un'altra puntata.

Scrivimi nei commenti che cosa ne pensi.





mercoledì 4 aprile 2018

PROVE E TENTAZIONI, considerazioni su Giobbe, Paolo, le prove e le tentazioni.


Bisognerebbe partire da lontano per comprendere come si arriva fin qui, ma in questa breve relazione non è possibile, quindi cercherò di fare un riassunto per sommi capi di tutte le considerazioni che mi hanno portato ad alcune conclusioni.
Chiunque voglia approfondire può sempre farlo, con o senza di me.
1 - Dunque, la domanda è: Dio manda le prove? Dio manda le malattie? Bisogna chiedere la guarigione o bisogna sopportare pazientemente?
Devo dire la verità, non ho mai sopportato l’assunto che Dio permette le malattie per un motivo preciso, per metterci alla prova, e in questo ero confortata da un passo che mi si ripresentava sempre:
Giacomo 1:13 “Nessuno, quando è tentato, dica ‘io sono tentato da Dio’, perché Dio non può essere tentato dal male, né Egli stesso tenta alcuno”.
Ok, primo punto fermo. Non sembra essere Dio.
Poi la scoperta di PEIRAZO.
Questa parola greca significa testareesaminareprovarescrutinare.
Nel Nuovo Testamento viene usata indifferentemente per prova e per tentazione.
Quindi il passo precedente può anche essere letto così: “Nessuno, quando è provato, dica ‘io sono provato da Dio’, perché Dio non può essere provato dal male, né Egli stesso prova alcuno.”
Secondo punto fermo. Non è Dio.
Quindi, se non è Dio che ti prova, e non è Dio che ti tenta, chi è? Rispondi tu.
2 – Dio non ti manda la prova, ma ti manda la via d’uscita nella prova.
Qualunque sia il problema che mi affligge, qualunque sia l’ostacolo, qualunque sia la malattia, Dio ha messo per me da qualche parte una porta che mi fa uscire da questa situazione.
1 Corinzi 10:13 “Nessuna tentazione o prova vi ha colti, se non umana, ... ma nella tentazione o prova vi darà anche la via d’uscita...”
Attenti alle traduzioni, la maggior parte di esse mettono ‘con la tentazione’, come se Dio mandasse l’una e l’altra cosa insieme, ma la traduzione corretta è ‘nella tentazione’, e questo è confermato dall’affermazione “se non umana”, cioè la tentazione o la prova non sono divine, sono umane, sono risolvibili, sono superabili.
Il famoso detto “il diavolo fa le pentole, ma non fa i coperchi”, dice proprio la verità.
3 – Ma allora Giobbe?
Questo è stato per me un problema per molto, moltissimo tempo.
Questo strano libro messo in un punto strano, fuori dal racconto cronologico e logico della Bibbia, come fosse un personaggio senza tempo e senza luogo... poi piano piano, scavando e scavando profondo, con l’aiuto di servi di Dio che mi hanno acceso delle piccole luci qua e là, ho trovato il senso, ho potuto collocare Giobbe nel tempo, nello spazio, e nel disegno globale.
Intanto, occorre chiarire che la Bibbia dice la verità, ma non tutte le cose dette dagli uomini nella Bibbia sono la verità.
Quando Giobbe dice: “L’Eterno ha dato, l’Eterno ha tolto, sia benedetto il nome del Signore”, non sta dicendo la verità.
Se leggiamo la storia, scopriremo che Satana ha tolto, non Dio, ma Giobbe non lo sapeva.
Più tardi lui stesso dirà: “Sì, ne ho parlato, ma non lo capivo...”
Elihu dice: “Giobbe accumula parole senza senso”.
Su queste parole dette da Giobbe senza capire quello che diceva, abbiamo fatto una dottrina.
Ora vi chiedo uno sforzo di comprensione, perché non sarà facile sradicare convinzioni che sono nella mente da anni ed anni.
Dio dice a Satana “Da dove vieni?”
Ma Dio non aveva bisogno di chiedere a Satana da dove venisse, perché Lui lo sapeva già, dunque perché questa domanda?
Bisogna immaginare una mamma che vede il figlio uscire dalla cucina con la bocca sporca di cioccolata, quando non avrebbe dovuto prenderla, e la mamma, che se ne è accorta, gli chiede: “Che cosa stavi facendo?”
La mamma lo sa, ma sta spingendo il bambino a confessare lo sbaglio commesso.
Qui accade la stessa cosa.
Possiamo immaginare Satana che ronza intorno alla casa di Giobbe cercando il modo per farlo cadere, per molto tempo, per tanti anni, consideriamo che la vita di Giobbe è stata lunga, la prova è durata soltanto qualche mese, ma la sua vita è stata piena di ricchezza e soddisfazioni per almeno duecento anni, sia prima che dopo!
Satana temporeggia... “Dal percorrere la terra in lungo e in largo...”
Dio lo smaschera: “Tu hai notato il mio servo Giobbe!”
Attenzione!!! In questa frase non c’è un punto interrogativo, ce lo abbiamo messo noi.
Dio non chiede a Satana se ha visto Giobbe, Dio smaschera le mosse di Satana e afferma “Tu hai notato il mio servo Giobbe!”
Quasi volesse dire “Tu stai girando intorno al mio servo Giobbe da tanto tempo perché vuoi fargli del male!”
Satana allora, tira fuori tutto quello che stava covando da tempo, quell’uomo, Giobbe, viveva al riparo, circondato da beni e lusso e rispetto e figli ed una situazione economica e sociale di prim’ordine!
Satana lo odiava in modo indecente.
Così dice a Dio: “Tu lo stai proteggendo, tu gli hai messo un riparo... stendi la mano! Colpiscilo! Vedrai se non ti rinnega!”
Ma Dio non vuole stendere la Sua mano contro Giobbe, non vuole colpirlo, non vuole mandargli malattie, Dio ama Giobbe, come ama te e me.
Non risponde alla provocazione di Satana.
Piuttosto ammette: “Tutto quello che possiede è in tuo potere...”
Ma perché dice “è in tuo potere”?
Giobbe aveva fatto, detto, causato, qualcosa che dava potere a Satana, ma che cosa?
È un discorso un po’ lungo da fare qui in questa occasione, tuttavia se volete approfondire questo aspetto, guardate bene la descrizione della vita dei figli di Giobbe, quali erano le loro occupazioni preferite, e come questo faceva soffrire Giobbe.
L’unica cosa che si racconta di loro è che facevano delle feste, e non dovevano essere feste tanto tranquille, visto che Giobbe sentiva il bisogno di fare sacrifici per la colpa al posto loro. Giobbe aveva paura che succedesse qualcosa.
“Quello che temo mi accade e quello che mi spaventa, mi raggiunge.” 3:25.
A causa dei suoi figli, Giobbe era tormentato dalla paura.
Elihu, il personaggio al di fuori degli amici di Giobbe, che sembra impersonare Dio stesso, dice al capitolo 34: “Egli aggiunge al suo peccato, la ribellione, perché ritiene giusto sé stesso, anziché Dio”!!!.
Giobbe era orgoglioso. Convinto di essere superiore a tutti, migliore di tutti, innocente e senza peccato alcuno, affermava di non meritare quello che gli stava accadendo. 33:9.
Infatti per moltissimi capitoli Giobbe non guarisce. Sai perché? Perché non si è pentito, non ha ancora riconosciuto i suoi errori.
Quando finalmente lo fa, al 42:6, Dio lo ristabilisce e gli restituisce il doppio di tutto quello che aveva prima.
La paura e l’orgoglio, erano state le porte aperte all’azione di Satana nella sua vita.
4 - Ma allora Paolo? La spina nella carne?
Altro problema gigantesco.
Ma neanche tanto.
Qui la parola malattia non esiste proprio.
C’è la parola spina, o scheggia, interpretata dalla tradizione religiosa come una malattia.
Cerchiamo questa parola nella Bibbia, la troviamo in Numeri 33:55, dove simboleggia tormenti messi in opera da persone.
La troviamo in Giosuè 23:12, anche qui sono persone che tormentano.
Stessa identica cosa in Giudici 2:3.
Sono cose da buttare, da non toccare con le mani, in II Samuele 23:6.
Nella parabola del seminatore, le spine sono preoccupazioni, pensieri negativi.
Ma quando mai sono malattie?
Paolo dice: “una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi...”
Angelo significa “messaggero”, dunque questa spina è un messaggero di Satana, inviata da Satana!
Perché Satana gli ha messo questo tormento nella carne? Perché questo messaggero satanico usato per dare fastidio a Paolo?
Avete notato che dovunque Paolo andava, trovava sempre qualcuno che lo voleva uccidere, scacciare, lapidare, che cos’era questo, se non un fastidio di Satana sulla sua strada?
Affinché non insuperbissi, dice Paolo; ma la traduzione purtroppo non è corretta. La traduzione più giusta sarebbe: “Affinché non fossi elevato, non fossi esaltato, non fossi messo su un gradino più alto rispetto agli altri.” In pratica, non fossi visibile da nessuno.
Fatti una domanda: se Dio ha rivelato a Paolo molto più che ad altri, se gli ha fatto comprendere a pieno il disegno della grazia, se lo ha designato apostolo delle genti, non voleva poi che le persone lo vedessero e lo ascoltassero?
Sembra piuttosto improbabile!
Chi aveva interesse ad ostacolare il messaggio di Paolo e non renderlo fruibile da un gran numero di persone?
Satana, ovviamente lui.
Perché Dio dice “la mia grazia ti basta”?
Non sta dicendo “Devi accontentarti della mia grazia”, ma sta dicendo: “La mia grazia sarà sufficiente, sarà bastante, ti basterà, per affrontare questi ostacoli e questi tormenti. E infatti Paolo afferma nelle sue lettere “Io sono quel che sono per la grazia di Dio”!
Vado avanti, combatto, sopporto, sono ferito, umiliato, abbattuto, picchiato, scacciato, lapidato... ma sono ancora qui. Solo per grazia.
È un po’ più chiaro?
5 – Qual è il motivo per cui la tradizione religiosa preferisce questo tipo di interpretazione? Perché non si affrontano più le malattie ed i problemi con la dovuta forza e grinta come Gesù ci ha insegnato? Perché l’olio dell’unzione per guarire il malato è diventato l’estrema unzione prima della morte?
La frase “Il mio popolo muore, per mancanza di conoscenza”, ti è un po’ più chiara, adesso?
Ricordati che Gesù non ha mai rimandato indietro nessuno, senza guarirlo, e non ha mai detto a nessuno: “Accetta questa cosa, forse è la volontà di Dio che tu stia male, ci sarà un motivo...”
Invece ha detto: “Voi farete cose maggiori di queste, perché io me ne vado al Padre”.

martedì 20 marzo 2018

Gesù, il Figlio Eterno di nostro Padre.

Alcune delle cose che la Bibbia ci rivela restano per noi di difficile comprensione.

Un bimbo prega con la Bibbia tra le mani
Bimbo e Bibbia

Ciononostante, con un pizzico di pazienza, e con tanto, tanto amore per la conoscenza, si può entrare un po' più in profondità nelle verità che Essa contiene.

Certamente occorre avere, come base, la certezza che stiamo leggendo la Parola di Dio, e che quello che leggiamo è VERO.
Senza questa convinzione, non si va da nessuna parte.
Bibbia
Bibbia


Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, quanto ci fa penare questa constatazione!
Tre persone, Una persona, come si fa a comprendere?
Certo non sarà questo post a sciogliere i nodi di secoli, ma oggi proviamo a scavare un po' più in profondità nell'affermazione "Io sono nel Padre e il Padre è in me", che Gesù ha fatto nel Vangelo di Giovanni, 1:11.

In realtà ce ne sono molte altre, ma fermiamoci un attimo qui.

Gesù è nel Padre.

Cosa vorrà dire?

Se io volessi dire questa cosa riguardo a me stessa, come potrei dirla?
Potrei forse affermare "Mio figlio è in me"?
Oppure, ancora più difficile, "Io sono in mio figlio"?

Striscia di nuvole fino all'orizzonte
Orizzonti infiniti

Pensiamo un momento.

Le caratteristiche di mio figlio, il suo sguardo, il suo modo di parlare, i tratti del suo viso, il suo modo di camminare, sono in me?
I suoi pensieri, il modo in cui lui affronta la vita, sono in me?

Se penso e rifletto, in effetti, molte delle cose che ho descritto, sono in me, ma questo può forse voler dire che lui è in me?
Mio figlio è presente in me, in quanto presente costantemente nei miei pensieri, questo sì, ma non credo che questo possa bastare.
Lui è parte integrante di me stessa, in quanto è derivato da me stessa, è una persona che esiste solo in quanto esiste la mia persona, lui non sarebbe senza di me, è forse questo?
Mamma tiene in braccio suo figlio
Mamma con figlio

Ma, sarebbe ancora più difficile, cercare di adattare la seconda parte del discorso: come posso io essere in lui?
Certo, una piccolissima parte di me stessa, ha contribuito all'inizio della costruzione del suo corpo, ha messo in moto un meccanismo meraviglioso che funziona ancora oggi, ma dire che sono in lui è un po' troppo!
Però quella piccolissima parte è stata l'imprinting, lo stampo, il modello, sulla base del quale si è costruito tutto il resto, ed è probabilmente presente tuttora in ogni piccola parte di lui, come una specie di firma, come un'identificazione.

Insomma, posso dire che io sono in mio figlio? Sì, lo posso dire, anche se in piccolissima parte.
E lui, è in me? Sì, lo è, in quanto è venuto da me, è proceduto, è derivato, da me.

Sono in lui e lui è in me.

Ma io, come donna, ho un inizio ed ho una fine, e anche lui come figlio.

DIO NO.

Ecco dove si infrangono tutte le onde dei nostri pensieri.
E' qui che non possiamo ardire di superare il nostro limite.
Noi non siamo eterni, per il momento, ma lo saremo.
Allora, adesso, vi chiedo un altro sforzo di immaginazione che ci aiuterà a fare un piccolo passo avanti.
Tramonto spettacolare con agnelli al pascolo
Tramonto

L'eternità.

Considerando che Dio Padre e Dio Figlio sono uno nell'altro, come io sono in mio figlio e lui è in me, nel nostro piccolo, ovviamente, spostiamo ora l'attenzione sull'eternità.
Se Gesù è proceduto dal Padre, come sta scritto in Giovanni 8:42, ma se il Padre è eterno, ed anche il Figlio lo è, questo è una specie di processo eterno, il che significa che non ha inizio né fine, eternamente generato, eternamente partorito, come vogliamo dirlo?
Possiamo dirlo solo con parole insufficienti, che non bastano mai a spiegare la questione, però un pochino di luce si accende, non è vero?
E' un processo che non è mai iniziato, e non sarà mai finito, un processo di affiliazione eterna, senza confini, senza limiti, senza misurazioni di sorta.

Un eterno generare.

A me questa cosa fa rabbrividire per la gioia, a te no?
Ti stai chiedendo perché?

Te lo dico subito.
Questo meraviglioso processo eterno, che non possiamo comprendere per il momento, è lo stesso procedimento per il quale noi siamo Suoi figli, perché Dio ci ha generato allo stesso modo, già dall'eternità!
Non fa rabbrividire anche te?
Io scoppio letteralmente di gioia, perché ho capito che mio Padre mi ha generato da sempre, e sono Sua figlia per sempre, e niente mai mi rapirà dalla Sua mano.
Papà stringe a sé sua figlia
Padre con figlia

Scrivi nei commenti se provi o no la stessa gioia.





martedì 13 marzo 2018

SACCO E CENERE NON SERVONO PIU'...!

Sto per dirti qualcosa che non ti piacerà.

Cenere e sacco non servono
Mi spiego.
Siamo abituati a pensare al ravvedimento come qualcosa che implica una sofferenza, un'angoscia, un piegarsi in due davanti alla grandezza e alla maestà di Dio.
Ci hanno insegnato che è necessario pentirsi e soffrire, soffrire molto, piangere a dirotto per le nostre colpe, e vergognarsi immensamente di sé stessi.
Ecco che arriva la bomba: TUTTO QUESTO NON SERVE.

Lo so, lo sento, il coro di tutti quelli che si arrabbiano e cominciano con le loro solite frasi: "Bisogna pentirsi!", "Bisogna chiedere perdono!", "Bisogna sentire il peso del peccato!" e cose di questo genere.
Eh sì, ne ho sentite tante anch'io e ti capisco.
Sembra una bestemmia dire che non serve, vero?

Ma se fino ad oggi mi hai letto e mi hai trovato per lo meno ragionevole, allora seguimi in quest'altro ragionamento.

ANDIAMO ALLA BIBBIA, e soprattutto, andiamo a quella parte di Bibbia che ci riguarda proprio da vicino vicino, cioè quella parte che racconta l'arrivo di Gesù, il Suo insegnamento, la Sua morte, la Sua resurrezione, e gli insegnamenti dei primi cristiani.

"Vuoi forse rinnegare l'Antico Testamento, Elisabetta?"


Ti ho sentito, no che non lo rinnego, ma non riguarda me personalmente, e neanche te, suppongo, a meno che tu non appartenga al popolo amato, gli Ebrei; infatti l'Antico Testamento è una raccolta di scritti per loro, la loro nascita come popolo, la Legge che Dio ha dato a loro, i loro Profeti, la loro Storia nei secoli prima della nascita di Cristo, che nasce appunto, Ebreo.
Ringrazio Dio per questo popolo, e per tutti gli insegnamenti che ne possono trarre ancora oggi.

Ma io non sono Ebrea, sono Gentile, per come la Bibbia considera i popoli.
E la Bibbia che si rivolge ai Gentili, è solo il Nuovo Testamento, o Nuovo Patto.

Andiamo alla Bibbia, dicevamo, e scopriremo che non è previsto nessun pentimento e nessuna cenere sul capo, tanto meno vestirsi di sacco...

CHE COSA DEVE FARE UNA PERSONA CHE DESIDERA ESSERE SALVATA?

La salvezza è un dono meraviglioso che Dio ha deciso di mettere a disposizione dei Suoi Figli, ed è un dono che ne racchiude molti altri: benedizione, perdono, benessere, salute, provvidenza.
Questa salvezza è stata provveduta in Cristo Gesù, una volta e per sempre.
Come?
Con la Sua morte sulla croce, Gesù ha pagato ogni debito contratto da ogni singolo essere umano nei confronti di Dio.

"Io stesso li salverò", diceva Dio nell'Antico Testamento, "In Gesù è la salvezza", dice il Nuovo.

Dunque il desiderio di Dio è che tutti gli uomini siano salvati, ma viste le loro continue imperfezioni, inesattezze, fallimenti, perché tale è il significato di "peccato", Egli stesso ha provveduto un mezzo per mettere ogni cosa al suo posto, e per dare una posizione di "giustizia" a chiunque entra in questo piano meraviglioso.

Ma come si entra in questo piano?

Ci si entra, CREDENDOCI.

"Eh, sì... troppo semplice!"

Ti ho sentito di nuovo, l'hai detto, hai detto che è troppo semplice.

Vuoi Bibbia?

Bene, l'avrai:

Atti 16:31      "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato"
Atti 4:12        "In nessun altro è la salvezza"
Giov. 3:16      "Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il Suo unico Figlio, affinché chiunque crede                          in Lui non sia perduto, ma abbia vita eterna"

Che cos'è il ravvedimento allora?

La parola "ravvedimento" significa soltanto cambiamento di mentalità, di visione, di obiettivi.

Da dove vengono le ceneri allora?

Vengono da molto lontano. Lo facevano gli antichi Egizi e i Greci, soprattutto in caso di lutto o di grande disgrazia, si cospargevano o si rotolavano nella cenere, e si strappavano le vesti di dosso.
Queste stesse ceneri, sono state poi ereditate dalla Religione Cattolica Romana, la quale ha stabilito addirittura un giorno dell'anno ad esse dedicato, durante il quale occorreva pentirsi ed anche digiunare.
Nell'Antico Testamento si trova qualche riferimento alla cenere, in effetti, quando uno doveva mostrare o dimostrare agli altri, che stava soffrendo, che era dispiaciuto, che era disperato per qualche situazione. Inoltre serviva a mostrare cordoglio per qualcun altro, che a sua volta stava male o aveva qualche grave problema, evidenziando il fatto che in quel momento non si era più interessati ad avere un bell'aspetto, ma piuttosto ci si preoccupava di "rattristarsi" anche visivamente, insieme all'amico o al parente.


Che cosa ha detto Gesù di questo?

Gesù non apprezzava questo genere di comportamenti, anzi, si arrabbiava con quelli che si mostravano smunti ed emaciati per far vedere che stavano digiunando, perché Lui guardava dentro il loro cuore e vedeva che si trattava solo di "apparenza".

Ma non serve pentirsi dei propri peccati?

Se con questo vuoi dire che ti dispiace di non essere stato perfetto, allora sì, serve.
Il verbo "peccare", nella Bibbia, significa "fallire il bersaglio", "non fare centro", riferito proprio a mancare il punto centrale di un bersaglio definito.
Quindi, essere dispiaciuti per non essere stati perfetti, come avremmo dovuto o voluto essere, ci sta; è giusto essere dispiaciuti, altrimenti non avremmo lo stimolo a fare meglio!
Ma da qui a dire che questo serva per essere salvati... ce ne passa!

Conclusioni

Se vuoi andare a Gesù, non ti serve fare assolutamente niente, vai da Lui e basta, è tutto quello che serve, Lui non manda indietro nessuno.











Salve!

Benvenuti nel blog "bisogna che si dica"...
Bisogna assolutamente che alcune cose importanti sulle quali qualcuno mente, vengano finalmente smascherate, visto che ne va della nostra salvezza!!!